La seduzione della pittura di Salvatore Zito riconcilia con l’arte di vivere

stick spinoso di salvatore zito

Risultò da subito intrigante.

L’idea di affidare alla forma “gelato su bastoncino” la funzione di “vettore” del segno pittorico può apparire ambigua e perfino scontata ad un’analisi troppo frettolosa.
Combattuto, perciò, tra attrazione e de-mitizzazione del suddetto supporto formale, fu impellente il bisogno di un’interrogazione più profonda per spiegare il fascino subito di fronte ai Pinguini¹ di Salvatore Zito. La risposta cominciò a prendere consistenza così.

Il quadro, la tela, la cornice o perfino la parete di un museo sono, da tempo, considerati elementi costitutivi dell’atto creativo.

A volte l’artista oscilla tra la pulsione di “serrare” il segno pittorico all’interno della cornice, a sottolinearne la distanza dal mondo reale e spingere così il fruitore dell’opera verso territori metafisici, spirituali, e l’urgenza di sottolineare il radicamento nel mondo reale, violando il perimetro della cornice, quasi disperato “reminder” dell’origine umana del gesto artistico.

pinguino opera d'arte

Pertanto l’originalità di Salvatore Zito non ha a che fare solo con la sintassi pittorica, ma con il livello d’intimità profonda che evoca l’icona/cornice del gelato, affondandola in una dimensione “archetipo” di un’oralità atavica; quasi a ricordarci che la pittura può trovare ospitalità nella fisicità del piacere: dal “piacere del testo” (R. Barthes) al “piacere del colore”, oserei dire con una leggera forzatura interpretativa. Pertanto, la violazione della cornice qui trova spazio in una dimensione di metalinguaggio.

In verità la gamma di stimoli, che è dispiegata, si fa ampia e ardita, fino a sfiorare territori filosofici ed esistenziali.
Ad esempio, il verde del cactus, che riveste il Pinguino costellato di spine orgogliose, c’introduce in uno spazio che va oltre il piacere, per ribadire che gioia e sofferenza sono due dimensioni indissolubili dell’umana condizione; ed ancora in un’ulteriore versione, la sagoma della spina di pesce, quale scheletro del gelato, è una citazione della morte, vigilia e prerequisito di vita nuova.

Sono due esempi tra i tanti di una cifra artistica niente affatto ovvia; se la vita frenetica non ci restituisce la profondità dell’essere, ben vengano allora i Pinguini di Salvatore Zito quale monito che esiste una vita e va vissuta, non solo immaginata in una dimensione da “second life” o “Metaverso”, come direbbe Zuckerberg.

Possedere un gelato di Zito dona il privilegio d’intercettare la seduzione dell’esistenza, senza mai abbandonare una condizione di sana consapevolezza.

¹(il cosiddetto gelato creato al Bar Pepino di piazza Carignano a Torino)

 

Filippo Ferraro